E' meglio giocare in casa… che alla
Corte di Strasburgo
(Maggio 2001) È noto il detto: "i panni sporchi si lavano in famiglia", e così l'Italia si è adeguata. Parliamo dei processi innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo – instaurati dai cittadini per lamentare gli irragionevoli, interminabili tempi della nostra giustizia – nei quali infatti il governo italiano è sempre stato inesorabilmente condannato.
Detto e
fatto! Con la legge n. 89/2001, entrata in vigore dopo la gita di Pasquetta, il
Parlamento ha in concreto ritirato dalla scena europea i propri panni sporchi,
inibendo ai cittadini di rivolgersi ancora alla Corte di Strasburgo, ingolfata
e contagiata ormai dal "caso Italia", imponendo invece di chiedere il
risarcimento per i danni derivanti dall’irragionevole durata di un processo che
si sia svolto sul proprio territorio (secondo i canoni di giudizio di
Strasburgo, praticamente quasi tutti) alle proprie Corti d'Appello.
Questi
giudici interni faranno praticamente da filtro alle richieste risarcitorie,
pronunciandosi entro quattro mesi dalla domanda (staremo a vedere!) sul diritto
del richiedente all'equa riparazione. Solo se la domanda non verrà accolta,
allora il cittadino potrà rivolgersi alla Corte Europea, ove, siamo sicuri, l'avvocato
Vitalino Esposito, che difende il governo italiano a Strasburgo, cercherà
finalmente di vincere qualche causa esibendo la sentenza della Corte d'Appello
che ha sancito la precedente vittoria "casalinga" ottenuta dal
governo (sull'argomento recentemente, su queste stesse pagine: "L'avvocato
delle cause perse").
Il ricorso a
Strasburgo, che peraltro, in assenza di un obbligo di essere patrocinati da un
avvocato, può essere inoltrato direttamente dalla parte, potrà dunque essere
proposto solo dopo l'esaurimento delle cosiddette "vie di ricorso
interne" riconosciute dalla nuova legge ed entro un periodo di sei mesi a
partire dalla decisione della Corte d’Appello.
Inoltre la
nuova disposizione offre anche la graziosa (e forse un po’ subdola) facoltà a chi
abbia un ricorso pendente a Strasburgo che non sia stato ancora dichiarato
ricevibile dalla Corte, di abbandonarlo entro sei mesi dall'entrata in vigore
della legge, per proporre il ricorso internamente alla Corte d'Appello
competente. Ma in Italia, ahimè, sappiamo che per chiedere giustizia occorre
obbligatoriamente rivolgersi ad un avvocato.
Restano poi
le immancabili perplessità sui fondi, apparendo invero assai esigui quelli
stanziati, in relazione al prevedibilmente elevatissimo numero di richieste,
anche in considerazione del fatto che la legge stabilisce che essi potranno
essere erogati solo fino a loro esaurimento, poi non si sa…! Ma forse, il
legislatore è assai ottimista sul fatto che i propri giudici sapranno opporre
un efficace filtro alle pur numerose domande.
E se il
ricorrente ottiene ugualmente dal giudice italiano la condanna al risarcimento
del danno e non ci sono più fondi per pagarlo? Poco importa: poi tanto, come al
solito, il cittadino vittorioso dovrà inoltrarsi nell'ulteriore ginepraio delle
esecuzioni forzate nei confronti della pubblica amministrazione, campo nel
quale il legislatore, ancora di recente (su questo sito: "Tra le pieghe
della Finanziaria, Amato aumenta il potere dello Stato di angariare il
cittadino"), non ha perso occasione per ulteriormente vituperare il suo
povero suddito!